L'artrite reumatoide è una malattia autoimmune multifattoriale ad eziologia sconosciuta che colpisce principalmente le articolazioni sinoviali, ma presenta frequenti e gravi manifestazioni extra-articolari. Lo stato clinico dei pazienti affetti da artrite reumatoide è migliorato negli ultimi anni grazie ai progressi della medicina nella diagnosi e nel trattamento, condizioni che hanno permesso di ridurre l'attività della malattia e prevenire le complicanze sistemiche. I risultati più promettenti sono stati ottenuti sviluppando farmaci antireumatici in grado di modificare la malattia (DMARD), che vanno dai trattamenti convenzionali come metrotrexate, leflunomide e sulfasalazine (cDMARD), per arrivare ai farmaci biologici (bDMARD) e ai cosiddetti “targeted sintetic DMARD” (tsDMARD), che colpiscono specifici bersagli molecolari.
A quest’ultima classe, appartengono gli inibitori delle Janus chinasi (JAKi) che sono stati approvati per l'uso in varie malattie infiammatorie immuno-mediate, tra le quali troviamo anche l’artrite reumatoide.
Questo tipo di prodotti agisce bloccando il processo infiammatorio mediato dalle citochine, attraverso un’interferenza con il meccanismo di trasduzione del segnale, impedendo così l’innesco dei processi proliferativi a carico delle cellule del sistema immunitario, bloccando la sintesi di altri mediatori infiammatori e la produzione di enzimi litici. Raffinate variazioni nel meccanismo d’azione hanno importanti ripercussioni sulla sicurezza del trattamento che spesso non vengono considerate o sottovalutate.
Nel gennaio 2022 è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine, uno studio di confronto tra tofacitinib e due inibitori del TNFα (adalimumab e etanercept), con l’obiettivo di avere un confronto “testa a testa” in termini di sicurezza. I risultati hanno dimostrato un numero maggiore di eventi cardiovascolari, tromboembolici e neoplastici nel gruppo tofacitinib portando, il Pharmacovigilance Risk Assesment Committee (PRAC) di EMA a pubblicare le indicazioni per ridurre il rischio di eventi avversi nei pazienti trattati con JAK inibitori.Alla luce di questo, molti medici hanno sospeso le terapie con questa categoria di farmaci generando un peggior controllo delle malattie e, paradossalmente, un incremento degli eventi che si cercava di evitare, dal momento che le manifestazioni cardiovascolari, neoplastiche e tromboemboliche, sono legate alle stesse patologie infiammatorie e direttamente correlate con la gravità della malattia.
A questo punto diventa necessario approfondire i seguenti punti:
● il meccanismo d’azione dei singoli JKA inibitori e le potenziali ricadute cliniche, identificando le differenze che rendono inappropriato l’approccio di uguaglianza e intercambiabilità dei diversi principi attivi
● chiarire i risultati dello studio ORAL Surveillance che risultano essere molto lontani da quanto percepito dai reumatologi
● chiarire i contenuti del documento di posizionamento della SIR rispetto alla quotidiana pratica clinica
● analizzare i dati di letteratura che fanno riferimento alla “real life”, rispetto agli studi clinici randomizzati e controllati